12 pensieri su “5E per mercoledì 11 gennaio 2017

  1. 1. Già con Platone, nel VI libro della Repubblica, si inizia ad evidenziare un problema nelle scienze della natura, che vengono considerate verosimili ma non necessariamente vere. Esse, infatti, si baserebbero su ipotesi e non su principi, il che rende le teorie accettabili solo fino a quando successive teorie non sono in grado di sostituirle.
    La scienza inizia a non essere considerata più un sapere per eccellenza tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, in particolare con la rivoluzione epistemologica.
    Il passo più importante, però, è avvenuto nel momento in cui si è cominciato a dubitare anche della scienza a cui si cercava di ricondurre tutte le altre scienze: la geometria. Con la scoperta delle geometrie non-euclidee, infatti, “saltano” i postulati che da Euclide venivano presi come veri (in particolare il V), e di conseguenza, anche tutta la geometria considerata vera fino a quel momento.
    2. Per risolvere questo problema si cerca di ridurre la geometria ad aritmetica, e l’aritmetica a logica, e si cerca di salvare il principio della coerenza interna: anche se le premesse sono sbagliate, il sistema è logico e coerente, quindi le conclusioni sono verosimili (anche se non posso dimostrare che siano vere).
    3. Con il problema dei fondamenti delle matematiche si prende in causa anche la filosofia. In primo luogo si può notare una corrispondenza tra le antinomie che si verificano nella matematica (es. l’antinomia degli insiemi di Russel) e quelle filosofiche (es. i paradossi di Zenone). Inoltre, sappiamo che la filosofia ha lo scopo di farsi domande su tutto ciò che accade, cercando spiegazioni e motivazioni, e questo accade anche in campo scientifico quando ci si chiede “cos’è la scienza?”. Infine, nel momento in cui alcune teorie vengono dimostrate false e fallisce la logica dietro ai ragionamenti, la filosofia ha il compito di rivalutare il sapere scientifico.

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  2. 1. In prima analisi possiamo evincere che il problema dei fondamenti delle matematiche, basate originariamente sul principio dell’evidenza, inizia a prendere forma successivamente alla scoperta delle geometrie non euclidee da parte di Lobačevskij e Riemann.
    2. La prima risposta a questo problema fu data dal programma di Hilbert che si poneva l’obiettivo di dare alla matematica (nonostante scienza astratta) coerenza nella sua trattazione, in modo tale da conferire alle teorie matematiche una caratteristica di tipo logico.
    In primo luogo si cercò di ridurre le parti legate all’evidenza a un’aritmetica logicizzata valendosi dell’insiemistica (frutto dello studio di Cantor e di Frege). Però il programma fallì a seguito della scoperta dell’antinomia degli insiemi di Russell che toglieva la possibilità di usare l’insiemistica come metodo valido.
    3. Per la risoluzione dell’antinomia degli insiemi di Russell fu essenziale usufruire dei metalinguaggi per evitare una forma di autoreferenzialità. Essendo un tipo di problema epistemologico si necessitò di un intervento filosofico.

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    1. Dunque il problema nasce perché viene meno la fiducia dell’evidenza degli assiomi, giusto?
      E la filosofia deve intervenire anche dopo che fallisce il tentativo ancora strettamente logico di Russell di ovviare alla “sua” antinomia

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  3. 1. Prima del Positivismo si credeva che il linguaggio matematico fosse assolutamente certo, perché fondato sull’evidenza di assiomi e postulati.
    Con la scoperta delle geometrie non euclidee, invece, ci si pose il problema dei fondamenti delle matematiche; in particolare, si cominciò a dubitare dell’evidenza di quella geometria a cui si sperava di ridurre le altre scienze.
    Non apparvero più evidenti i postulati di Euclide; ma, al contrario, qualcuno sostenne che fossero sbagliati. Partendo dalla teoria della relatività, si arrivò a concludere che lo spazio fisico è “curvo”, per cui non esisterebbero rette parallele come sosteneva Euclide, la cui geometria si rivelerebbe nient’altro che il frutto di un’ ipotesi astratta.

    2. Per ovviare a tale problema, si arrivò alla conclusione che non fosse più necessario che fosse la fisica a dover essere geometrizzata ma, al contrario, che fosse la geometria a doversi adattare alla fisica.
    In particolare, la matematica avrebbe ora il “solo” compito di essere coerente, di operare, cioè, con un linguaggio che possa essere esteso a tutte le scienze per garantire, se non la loro verosimiglianza, almeno la loro interna coerenza.
    In questo modo, le teorie “scientifiche”, vere o false che si rivelino con una verifica successiva, si distinguerebbero da credenze non scientifiche per il fatto di essere state costruite attraverso un procedimento coerente, logico-matematicamente garantito.

    3. Il problema dei fondamenti matematici ha anche rilievo in campo filosofico perché è legato al concetto di antinomia, molto discusso a livello, appunto, filosofico.
    In particolare, l’antinomia in campo matematico deriva dal fatto che, per quanto si tenti di ottenere, a partire dalla matematica, un sistema di proposizioni logicamente connesse che siano coerenti sotto ogni aspetto, in una teoria vi saranno sempre proposizioni che non possiamo decidere se siano vere o false restando all’interno della teoria stessa (come dimostra Goedel).
    Otterremmo, quindi, sempre un sistema incompleto e, nel momento in cui si tentasse di farlo diventare completo, automaticamente lo si renderebbe incoerente.
    In conclusione, ciò significa che è impossibile, data una certa teoria, sapere, restando all’interno della stessa la teoria, se essa sia coerente o meno.

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  4. 1. Nel Novecento ci fu una radicale revisione dei concetti fondamentali della matematica. Grazie al lavoro di matematici come George Boole, Giuseppe Peano e Richard Dedekind numerosi studiosi si impegnarono nel tentativo di dare una rigorosa fondazione logica ai contenuti delle proposizioni matematiche, per produrre una giustificazione della loro validità. Tuttavia ci furono delle difficoltà, in particolare una serie di paradossi portati alle loro estreme conseguenze da Kurt Gödel, causo il fatto che l’espressione “crisi dei fondamenti della matematica” si riferì al fallimento del tentativo di dare una rigorosa giustificazione all’insieme di definizioni e deduzioni su cui si basa l’aritmetica e successivamente la matematica nel suo insieme.
    2. Tentativo di Cantor di “saturare il continuo”, antinomia degli insiemi di Russell e teoremi di Goedel.
    3. La scoperta dell’antinomia degli insiemi di Russell fa fallire il programma del logicismo riconsegnando alla filosofia e, specialmente, all’epistemologia il problema di “perimetrare” il sapere scientifico (a cominciare dalla matematica stessa), distinguendolo dalle “pseudoscienze”.

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  5. 1. Il problema dei fondamenti delle matematiche dipende dal passaggio tra positivismo scientifico e decadentismo e quindi dal passaggio dalla fiducia nella scienza alla diffidenza verso la stessa.
    2. Per prima cosa si cerca di ridurre la geometria all’aritmetica e si dovrebbe anche rendere logica la geometria ma ciò non è possibile. Da qui deriva poi la necessità di passare il compito all’epistemologia.
    3. Il problema dei fondamenti della matematica ha anche rilievo filosofico poichè dal procedimento descritto nel punto 2, scaturisce l’antinomia degli insiemi di Russell che ricorda, in quanto antinomia, tutte le antinomie note alla filosofia. La filosofia deve quindi trovare il bandolo della matassa e racchiudere, in un certo senso, il sapere scientifico e quindi anche la matematica.

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  6. 1. Il cosiddetto problema dei fondamenti delle matematiche dipende storicamente dal processo che ha portato al dubitare della matematica e in particolare della geometria. Essa infatti si basa su assiomi e postulati che vengono messi in discussione dalle geometrie non euclidee con conseguente poca fiducia nell’evidenza del riduzionismo.
    2. Si cerca quindi di basare la matematica non sull’intuizione geometrica ma sulla logica portando la geometria a un’aritmetica adeguatamente “assiomatizzata”.
    3. Quando il programma del logismo fallisce a causa della scoperta dell’antinomia degli insiemi di Russell, il problema viene riconsegnato alla filosofia con scopo quello di “perimetrare” in qualche modo il sapere scientifico distinguendolo dalle “pseudoscienze”.

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