19 pensieri su “5D per sabato 25 marzo

  1. Ritengo sia più affine alla mia persona pensare che il comportamento dell’uomo possa essere riconducibile ad un modello di comportamento prevedibile. Proprio per questo motivo considero la “dottrina” cognitivistica il mio pensiero, noi umani non siamo altro che esseri viventi governati da un programma che “gira” nel nostro cervello. Il codice che compone il nostro software (simile ma diverso per ognuno di noi) è strettamente legato al nostro comportamento, è dunque importante non solo studiare le conseguenze empiriche (comportamento) ma anche le nostre idee (input).

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    1. E come spieghi l'”emergere” della “coscienza” (il fatto che su sappia e senta di esistere)? Anche una macchina, opportunamente complessa, potrebbe essere cosciente?

      Sei sicuro, poi, che una macchina sufficientemente avanzata potrebbe “intendere” (o, comunque, “trattare” in modo sensato) nozioni come “amore” o anche semplicemente “punto” (inteso come oggetto privo di dimensioni). A quanto pare le figure geometriche, come molte altre cose, sfuggono alla “computabilità” (cioè non possono venire trattate da un computer sulla base di algoritmi), proprio come il rapporto tra una circonferenza e il suo diametro (pi greco, quantità irrazionale, anzi trascendente). In generale, sembra che una macchina non sia in grado di dare “significato” agli oggetti (catene di algoritmi, programmi, dati) che “tratta” meccanicamente.

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    1. L’approccio psicologico più convinte è quello della Gestalt psycologie, che teorizza la presenza di strutture innate come l’ idea di punto, retta, famiglia ecc… Strutture che ognuno di noi possiede a priori e facilmente ipotizzabili grazie all’ impossibilità di dimostrare o definire un punto,per esempio. Con questo approccio però si dà meno importanza agli stimoli che, a mio giudizio, hanno una rilevanza nel condizionare la mente umana. Anche l’approccio costruttivista, che vede l’ uomo come un traduttore di messaggi sia impliciti che espliciti, risulta convincente quanto l’uomo si rapporta con gli altri, dove deve intermediarie tra ciò che gli viene detto dal altro e ciò che “legge” dal linguaggio del corpo o dalla situazione,per esempio. A mio parere nessuno riesce ancora, in modo convincente, a “guarire” possibili disagi o psicopatologie del uomo e la sua mente.

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  2. Personalmente, credo che l’uomo sia un “animale” così complesso e “complessato” come si usa dire nel linguaggio moderno da non poter essere considerato un “ente” oggettivo da poter sottoporre a studi prettamente scientifici. Ognuno di noi è talmente diverso dagli altri che servirebbe inventare tante psicologie quanti sono gli esseri umani. Detto questo, tra le psicologie così dette più “scientifiche” e quelle più “umanistiche” preferisco le seconde in quanto appunto analizzano l’uomo non come un essere riducibile a un modello di comportamento prevedibile, ma ne riconoscono la creatività, la libertà e l’assoluta “originalità” di fondo. Riconosco il limite dell’incontrollabilità delle sue ipotesi fino ad un certo punto, in quanto, qualora una cura “psicologica” funzioni su un determinato paziente ecco che la verifica sperimentale del metodo è avvenuta (e per giunta anche in modo vincente).

    Se dovessi scegliere, invece, una delle quattro scuole di psicologia “scientifica” sceglierei quella della “Gestalt” in quanto il suo studio sulla tendenza umana a riconoscere o costruire mentalmente forme anche dove non ci sono, sulla base del principio paradossale che “l’intero è maggiore della parte” mi appare il più vicino alle mie esperienze e il più convincente dal punto di vista psicologico. L’uomo infatti organizza le cose in base alle forme che gli sono più comuni e alle sue “necessità ideali” per interpretare la realtà. (Approccio che si collega in parte a quello del costruttivismo, per il quale l’uomo è un interprete di messaggi, e che quindi apprezzo altrettanto).

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    1. Il fatto che una “cura” sembri funzionare dimostra che la “medicina” è buona? Anche in questo caso sussiste la sottodeterminazione. Per esempio, se ti do una pillola priva di principi attivi per curare una cefalea, tu potresti avere l’impressione di stare meglio, non a causa del principio attivo (assente), ma del cosiddetto “effetto placebo”. In campo psicoterapeutico la cosa è ancora più facile da capire: se vai da una cartomante, che ti accoglie “empaticamente”, ti ascolta e ti sorride, quindi ti dà consigli sul futuro, sicuramente ne trai un giovamento “emotivo” e pensi che ti sia stata utile anche se la cartomante è completamente priva di qualsiasi “scienza” o, per lo meno, la sua scienza (una certa capacità di “prendere le persone” per il verso giusto) non ha niente a che fare con quella dichiarata (la capacità di leggere le carte).
      Attenzione a non uscire dalla “pertinenza” per il desiderio di dimostrare che hai studiato tutto!

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  3. Fra le quattro correnti di psicologia che abbiamo studiato, quello che mi sembra più convincente è quello costruttivistico. Il costruttivismo indaga, infatti, sui comportamenti in base alla comunicazione fra parlanti. Il modo in cui gli esseri umani, infatti, conoscono il mondo è principalmente la conversazione: si apprendono cose riguardo ai fenomeni che avvengono intorno a noi poiché c’è qualcuno che ce li spiega, chi ricorrendo alla religione chi ricorrendo alla scienza. Ne consegue, dunque, che le conseguenze di una comunicazione sana o di una comunicazione errata siano importanti, ed effettivamente osservabili in quanto manifestate dagli individui. E’ proprio di questo che si occupano gli psicologi costruttivisti: l’osservazione di comportamenti particolari e la loro interpretazione in quanto consequenziali ad una comunicazione malsana. Si prenda d’esempio il “doppio legame”, ovvero l’incongruenza tra il livello del discorso verbale e non-verbale. Dopo un’attenta analisi, gli psicologi costruttivisti sono giunti alla conclusione che individui sottoposti eccessivamente a questo tipo di comunicazione sono più soggetti alla schizofrenia rispetto a chi non ha ricevuto questi segnali contraddittori. Osservando questi studi, è logico concludere ed impossibile negare che il nostro modo di relazionarci agli altri (ed il modo di coloro con cui abbiamo una relazione emotivamente importante di relazionarci a noi), ed i nostri comportamenti siano connessi da un legame indissolubile.

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    1. Hai indubbiamente optato per una corrente originale e intrigante, argomentando con ricchezza di spunti le ragioni di questa tua scelta, anche se rimane un po’ in ombra il problema di fondo, ossia se la psicologia scientifica possa essere praticata come si praticano le scienze della natura.

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  4. L’approccio che più mi convince, e anche piace, è quello della Gestalt. Essa si basa sulla percezione e sull’esperienza, per esempio secondo la tendenza che abbiamo a completare alcune forme o a ricondurle ad altre. E questa è una caratteristica che ritrovo anche nella mia esperienza personale. Un’ altra cosa che trovo positiva è il suo utilizzo delle forme, dei disegni o comunque qualcosa di concreto e l’importanza delle percezioni personali.

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    1. Non ti sembra che la tua “difesa” della psicologia della Gestalt metta troppo in luce i tuoi gusti personali? Ti sembra sufficiente a convincere il lettore del valore della Gestalt, qualora egli non la apprezzasse? Se no, non è una buona argomentazione.

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  5. Gli approcci che mi convincono di più sono il cognitivismo e la Gestalt. Comprendo che i due approcci siano in contrasto in quanto il cognitivismo non prevede che esistano forme esistenti nella nostra mente dalla nascita dato che quest’ultima funzionerebbe come un computer che registra le nostre esperienze. Tuttavia credo che la nostra mente sia molto simile a quella di un computer e che sia utile se si vuole creare una “scienza della mente” (psicologia) utilizzare il metodo di Popper. A mio parere le forme preesistenti nel nostro cervello presunte dalla Gestalt sono parte fondamentale del collegamento tra la parte emersa e immersa dell’ iceberg, sono una sorta di linguaggio con cui la nostra mente nasce e quindi è normale che come se per esempio qualcuno sbagli l’accento su una parola nella nostra lingua tendiamo a essere più infastiditi rispetto al reale danno (peraltro inesistente in quanto comprendiamo la parola comunque) provocato dall’accento sbagliato. A mio parere quindi la Gestalt ci aiuta a capire come la nostra mente crea i collegamenti tra gli “output” e gli “input” ed è chiaro che se questo collegamento è falsato nasce un disturbo altrettanto importante come quelli che nascono dallo studio cognitivistico della mente

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    1. Interessante prospettiva. Credo che tentativi di “mixare” cognitivismo e Gestalt vi siano stati e vi siano ancora. Ricorda, comunque, che i presupposti filosofici sono molto diversi. La Gestalt rifiuta per definizione l’idea che la mente sia paragonabile a un software, perché le “forme” a priori che contiene sono “incomputabili”.

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  6. L’approccio che più trovo convincente è quello del comportamentismo, in quanto il punto di vista del soggetto esaminato è molto soggettivo (quindi variabile) così come lo sono gli input che a noi verrebbero raccontati e comunicati dal soggetto medesimo (quindi “filtrati” e comunque inconsciamente da egli interpretati), pertanto l’unica base attendibile su cui ci si può basare sono le risposte agli stimoli. Tale comportamento però non deve essere riferito dal soggetto che viene stimolato ma deve essere osservato nella sua completezza da un osservatore esterno che possa così trarre le conclusioni.

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  7. Un approccio psicologico convincente mi sembra quello di Gestalt, lo studio cioè della tendenza umana a riconoscere o costruire mentalmente forme anche dove non ci sono. Questo approccio mi sembra scavi a fondo le indoli umane (p. e. immaginare che un piatto sia rotondo ache se ne si vede una parte, oppure completare la figura di un quadrato anche se non ha 4 lati uguali) e penso che sia la giusta via per capire a fondo l’uomo.

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  8. Preferisco la corrente costruttivista in quanto secondo me non esiste una realtà oggettiva e indipendente alla quale fare riferimento. La conoscenza di ognuno sarebbe invece generata dalle esperienze personali, in maniera soggettiva.

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  9. L’approccio che mi sembra più convincente è quello cognitivista per l’approccio sistematico con cui affrontano lo studio della mente umana e perché, a differenza dei comportamentisti, formulano ipotesi.

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  10. L’approccio più convincente a parer mio è quello del costruttivismo. Secondo questa corrente la comunicazione sta alla base dell’apprendimento e di conseguenza i comportamenti che possiamo definire”particolari” andranno interpretati inquanto conseguenze di comunicazioni non sane.

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